ACCANTO AL MALATO

A ognuno di noi è toccato nel corso degli anni un incontro con la malattia, nostra o di persone vicine a noi, leggera o grave, passeggera o permanente, bisognosa di interventi di riabilitazione o di cure pesanti, fino quelle gravemente invalidanti, nel fisico o nella mente o irreversibilmente degenerative e terminali.

L’aggravamento complessivo dell’inquinamento ambientale, l’invecchiamento medio della popolazione -quella italiana è tra le più longeve al mondo- insieme a una migliorata capacità di curare patologie gravi, hanno contribuito a far crescere oltre il livello storicamente fisiologico il numero delle persone che vedono compromessa la loro salute, che entrano in una situazione di fragilità fisica o psichica, di dipendenza da altri, di sofferenza acuta, di solitudine, di disagio morale, di insicurezza.

E quando arriva col suo vario carico di gravità, la malattia avvolge la persona in una bolla di incertezza, di timore, a volte di sgomento che ne pervadono la mente e il cuore, la consegnano nelle mani di altri, famigliari, amici, personale medico e paramedico, magari fino ad un’avvilente e umiliante riduzione all’incapacità di risolvere comuni problemi: quello di muoversi, di lavarsi, di mangiare o di leggere un libro…Tutti bisogni primari che richiedono necessariamente l’intervento di una o più persone, oltre il personale specialistico.

Tutte persone che, auspicabilmente, dovrebbero essere non solo professionalmente in grado di prendere in carico il malato, ma anche disponibili e capaci di instaurare rapporti di empatia, di fiducia e di confidenza sul piano umano, capaci di ascoltare e dialogare, di farsi sentire vicini, accanto al malato, partecipi del suo percorso. Perché nello stare vicino, nel far sentire la propria presenza affettuosa, si testimonia anche un senso generoso ed etico della vita, che ancora merita di essere assaporata e per la quale vale la pena lottare.

Anche il Vangelo mostra che le costanti attenzioni di Gesù per il malato (il 47% del Vangelo di Marco è dedicato ai rapporti di Gesù con i malati. Cf. Incontro medicina sacerdozio, G. Ravasi 21/6/’2004), le guarigioni che opera, sono sempre il frutto di un incontro, di una relazione interpersonale; al dono che Lui offre corrisponde sempre la fede di chi lo accoglie. Gesù si lascia avvicinare e si avvicina a chi soffre. Va incontro al lebbroso che lo supplica –“Se vuoi puoi guarirmi”- , gli si avvicina sempre di più e “lo toccò e gli disse, lo voglio, sii guarito”. Gesto rivoluzionario (allora causa di impurità legale e conseguente isolamento sociale) e in controtendenza anche oggi allorquando poniamo al centro delle nostre attenzioni quanti, deboli e malati, rischiano di essere considerati improduttivi, inutili, “scarto”, come denuncia Papa Francesco, che non si stanca di invitarci a farci, come Gesù, solidali, com-partecipi di chi è “ferito”, di chi soffre.

Stesso atteggiamento a cui è chiamato il volontario di fronte al malato, in casa o in una struttura dedicata. Qui, in una realtà ospedaliera in particolare, può essere una figura centrale, perché proprio lì il malato rischia qualche volta di essere un corpo, oggetto di cure, e non una persona che soffre; lì la malattia può interessare più del malato, e il costo delle cure più del rapporto umano. Rapporto che invece richiede da un lato di personalizzare l’approccio alla persona del malato, alle sue specificità, dall’altro di aggiungere al curare il prendersi cura, per una guarigione umana integrale. Perché nella malattia la persona sente compromessa non solo la propria integrità fisica, ma anche le dimensioni relazionale, intellettiva, affettiva, spirituale; e attende perciò, oltre alle terapie, sostegno, sollecitudine, attenzione. Né va dimenticato che accanto al malato ospedalizzato per breve o lungo tempo, o accolto in centri terapeutici e assistenziali, c’è una famiglia che soffre e chiede anch’essa conforto e vicinanza, balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre.

E generosità e dedizione, piena presa in carico del malato, oltre che senso di responsabilità, hanno perlopiù caratterizzato e caratterizzano ancor più oggi l’azione di operatori sanitari e volontari nell’affrontare la devastante pandemia in corso, servendo e confortando tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che si sono presi cura, e ancora continuano, delle ferite di tanti pazienti condannati spesso a una lacerante sofferenza in solitudine, senza il conforto di affetti famigliari, amicali.

Va tuttavia ribadito anche qui che l’opera del volontario e delle Associazioni non è chiamata a tappare le falle delle Istituzioni ove queste latitano, a supplire a mancate scelte politiche di chi riveste ruoli di responsabilità, o a ovviare a carenze organizzative o di organico. Semmai a evidenziarle, denunciarle, incoraggiare soluzioni eque che garantiscano a tutti l’accesso alle cure e a un’adeguata assistenza, a partire dai più vulnerabili, dai più deboli e anziani. La figura del volontario può anche essere testimonianza attiva e promotrice della logica della gratuità e dell’etica del bene comune nelle sfere sia politica che economica, troppo facilmente distratte da calcoli di convenienza, di mera utilità, a discapito dell’attenzione a quella dimensione umana, e per ciò stesso fragile, che tutti ci accomuna. Quando ognuno di noi, ancor più se malato, percepisce di contare di fronte all’altro, reagisce liberando energie che rimarrebbero inespresse, preziose invece per fronteggiare le difficoltà, il male che ci tocca. Ci si sente chiamati a rispondere con le proprie forze alle attenzioni ricevute, in un moto di potenziale reciprocità, spesso impossibile a concretizzarsi, come ben sa chi è stato e sta accanto al malato. Ma non per questo inutile, nella consapevolezza che “dare ‘è la più alta forma di potere(E. Fromm) che abbiamo a disposizione, tutti.

E’ questo il contesto in cui si colloca l’azione di numerosissime Associazioni, di Gruppi di volontari (esemplificati qui appresso) che con sfumature diverse hanno posto il soccorso, l’accompagnamento al malato al centro del loro agire: dal male fisico a quello psichico, da un male curabile a quello incurabile o terminale.

F. A.R. O. Fondazione Assistenza Ricerca Oncologica Piemonte Curare quando non si può curare

La Fondazione FARO onlus assiste gratuitamente le persone che necessitano di cure palliative* specialistiche, a casa e in struttura apposita, con un’équipe di professionisti appositamente formati: medici, infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, assistenti sociali e fisioterapisti esperti.

Si prende cura dei pazienti, permettendo loro di restare a casa circondati dall’affetto dei propri familiari. Quando ciò non è possibile, il malato e la sua famiglia vengono accolti con il medesimo supporto nell’ambiente sereno e amorevole degli hospice FARO.

Nata a Torino nel 1983, FARO inizia l’attività di assistenza domiciliare ai malati oncologici e nel corso degli anni la estende progressivamente a tutte le patologie che possono beneficiare delle cure palliative, mantenendo sempre grande attenzione al nucleo familiare. Oggi un’équipe di professionisti in cure palliative assiste, insieme ai volontari, ogni anno oltre 1700 ammalati e le loro famiglie in Torino e Provincia, a casa e in hospice. I volontari sono, sempre presenti, sempre vicini in modo che nessuno si senta mai solo: pronti a parlare, a condividere un caffè o una lettura, due passi in compagnia, ad assecondare i desideri di chi, pur ammalato, vuole ancora vivere o, più semplicemente, ad ascoltare.

*Le Cure Palliative -per le quali anche i volontari ricevono una formazione specifica- sono un insieme di cure rivolte alla persona la cui malattia di base è caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e non risponde più a trattamenti specifici nella sua globalità. Si curano allora i sintomi fisici e si interviene sugli aspetti emozionali, sociali e spirituali, si sostengono le famiglie attraverso programmi personalizzati lungo tutto il percorso della malattia.

AVO Associazione Volontari Ospedalieri

Fondata a Milano nel 1975 dal Professor Erminio Longhini, eminente medico, l’AVO è un’associazione indipendente, aperta a tutte le persone che si riconoscono nei valori della reciprocità, della sussidiarietà e della solidarietà civile, culturale e sociale.

Obiettivo dell’AVO è “aiutare chi soffre contribuendo ad una crescente umanizzazione delle strutture ospedaliere e di ricovero”.

I punti qualificanti dell’associazione sono:

* La gratuità assoluta: i volontari non percepiscono alcuna remunerazione.

* L’applicazione del principio di sussidiarietà e di non sostituzione di compiti e funzioni di competenza degli operatori sanitari

Oggi conta circa 240 sedi che operano in oltre settecento tra ospedali e altre strutture di ricovero, diffuse su tutto il territorio nazionale. I suoi volontari (circa 900) prestano servizio nelle strutture -per ammalati sia fisici che mentali- con turni giornalieri di tre ore distribuiti su tutta la settimana, con l’ obiettivo di donare un sostegno alla loro situazione di disagio. Specifiche attività sono l’accoglienza e l’ascolto per una terapia di solidarietà e d’intervento nei riguardi della solitudine.

E’ richiesta una formazione permanente che inizia con il corso base per l’avvio al tirocinio come Volontari in corsia e continua per assicurare un adeguato supporto mirato a migliorare la qualità del servizio presso l’Ammalato.  

A Torino opera nelle principali strutture sanitarie: C.T.O.; Ospedali Molinette, Sant’ Anna, Regina Margherita, Mauriziano, Martini, Gradenigo, San Giovanni Bosco, Koelliker e varie Case di Riposo o di Accoglienza per utenti psichiatrici.

Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini

L’associazione è nata nel 1980 a Torino presso l’Ospedale Infantile Regina Margherita per volere di un gruppo di genitori di bambini affetti da tumore che desideravano offrire ad altri genitori un sostegno nel percorso di cura e ai bambini attività di gioco e didattiche.

L’Associazione mira a:
• Migliorare la qualità della vita dei bambini e ragazzi nel corso della terapia e aiutare le famiglie ad affrontare le difficoltà di ordine personale, economico e logistico che possono presentarsi nel corso della malattia dei loro figli stando loro accanto durante i ricoveri in reparto, offrendo gratuitamente ospitalità  a Casa UGI a chi proviene da fuori Torino e necessita di un alloggio nelle vicinanze dell’ospedale;
• Formare personale volontario in grado di porsi in relazione con i giovani pazienti e di offrire conforto e sostegno a genitori e familiari;
• Contribuire alla ricerca scientifica (borse di studio a medici e ricercatori, acquisto apparecchiature e attrezzature sanitarie) e alla diffusione della cultura sanitaria;
• Sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni attraverso il proprio operato e organizzando convegni, seminari ed eventi.

CEPIM-TORINO – Centro Persone Dow

E’ un’ associazione di genitori di persone con la sindrome di Down nata nel 1979, rivolta a migliorare la qualità della vita di queste persone operando su diversi fronti: * accompagnarle nel loro percorso di vita per svilupparne il più possibile le capacità; * sostenere le famiglie nel loro difficile compito educativo; * sensibilizzare la società per renderla più disponibile ad una vera inclusione.

I genitori gestiscono l’Associazione, fanno rete con le altre realtà, sensibilizzano sulla diversità. Un’équipe di professionisti segue soprattutto i bambini e forma, coordina e sostiene circa 100 giovani volontari impegnati nei laboratori per i ragazzi e per gli adulti. 

Il Bandolo

Il Bandolo onlus è un’associazione che opera a Torino dal 2004, con lo scopo di promuovere la salute mentale. Riunisce e coordina una rete formata da diverse associazioni con una lunga esperienza sul tema del disagio psichico, (tra cui l’Associazione Lotta Malattie Mentali) e i Dipartimenti di Salute Mentale delle ASL torinesi.

Offre servizi per migliorare la qualità della vita di chi soffre di disturbi psichici, sostiene chi si trova in situazione di disagio psicologico e loro familiari, promuove iniziative di sensibilizzazione per la cittadinanza con azioni di riabilitazione psicologica e sociale, di sensibilizzazione e di lotta allo stigma.

L’accesso alle attività del Bandolo avviene attraverso la Linea telefonica di sostegno psicologico: un servizio di telefonia sociale e d’aiuto e canale di accesso alle altre attività della rete. I servizi sono gratuiti, sono rivolti ai residenti nella Città di Torino.

Qui ci fermiamo, ma il racconto della vivacità e varietà del Volontariato torinese in questo ambito potrebbe proseguire a lungo, come possibile vedere, tra molti altri, sul sito Pastorale della Salute – Diocesi di Torino, al quale rimandiamo per ulteriori informazioni.

Fonti: siti internet Associazioni citate.

Osvaldo Aime