I media russi riconoscono la follia della guerra
Era stato annunciato ieri, ed oggi è successo. Il giornale russo Novaya Gazeta è uscito – nella sua edizione di oggi – in due lingue: russo e ucraino. Sulla copertina, su sfondo nero, tre parole: Russia. Bombe. Ucraine. Poi, nelle due lingue: Novaya Gazeta riconosce la follia della guerra. Novaja Gazeta non riconosce il popolo ucraino come il nemico, né la lingua ucraina come quella del nemico. All’interno del giornale, ogni articolo, ogni editoriale è scritto in entrambe le lingue. Il colore rosso predomina nelle pagine in russo, quelle in ucraino sono caratterizzate dal giallo e dal blu. I colori della bandiera Ucraina, che da ieri sventolano in buona parte del mondo, e anche in Russia. “La guerra è iniziata in poche ore a causa di un uomo – si legge nell’editoriale di apertura di Novaja Gazeta – il cammino verso la pace sarà una prova per ognuno di noi”.
Novaya Gazeta, il giornale del premio Nobel per la pace Dimitri Muratov, non è però il solo media russo a ribellarsi alla propaganda del Cremlino, che ieri ha ordinato a tutti i giornalisti di affidarsi solo a fonti ufficiali – cioè governative. C’è anche Takiye Dela, che in homepage pubblica un messaggio che lascia ben poco all’interpretazione:
La guerra è morte. Chiediamo a tutti i nostri lettori, iscritti, sostenitori, a tutte le ONG con cui collaboriamo, a tutti coloro che vedono questo testo: prendetevi cura dei vostri cari. Parlate ai bambini di come la guerra sia una catastrofe, un male, un errore. Facciamo appello a quelle persone al potere in Russia che sono ancora pronte per decisioni indipendenti: fermiamo i combattimenti. Fermiamo la morte. Facciamo appello a chi ora si trova nelle città dove si sentono esplosioni e spari: perdonateci. Mi dispiace che non abbiamo fermato il disastro prima, molti anni prima di questo giorno. Oggi è il primo giorno di guerra che abbiamo perso perché è iniziata.
Non ci sono però solo i giornali riconosciuti come indipendenti. Anche tra i media governativi, che tra le loro pagine non hanno mai parlato di guerra, ma solo di “operazioni militari”, ci sono dei giornalisti che – in modo laterale – si oppongono alla guerra. Sono quasi trecento i giornalisti russi che hanno firmato una lettera che dice: “Noi, corrispondenti dei media russi ed esperti che scriviamo sulla politica estera russa, condanniamo l’operazione militare lanciata dalla Federazione Russa in Ucraina.
La guerra non è mai stata e non sarà mai un metodo per risolvere i conflitti e non c’è alcuna giustificazione per questo.” Tra le firme anche giornalisti dell’agenzia russa Tass o del sito news RT, apertamente controllati dal Cremlino.
Anche il giornale Kommersant, uno dei quotidiani più conosciuti in Russia, fa la sua parte nel raccontare l’opposizione, con una pagina molto lunga – nell’edizione di oggi – sulle proteste contro la guerra che hanno invaso le piazze russe. Non è scontato, perché molti altri media russi non ne hanno – prevedibilmente – fatto parola. Eppure, nella sola giornata di ieri sono stati fatti più di 1.700 arresti di manifestanti.
Anche la figlia del portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, su Instagram nel pomeriggio di oggi, ha postato un breve video messaggio con le parole: “No alla guerra”. Poi, l’ha cancellato. Ma ormai il messaggio era arrivato chiaro: un’opposizione c’è. Per quanto si riuscirà a tenerla nascosta?
MARTINA STEFANONI