Giornata mondiale dei Poveri (15/11/20)

«”Tendi la mano al povero”. Questo invito, che Papa Francesco ha posto al centro del suo messaggio per la Domenica dei Poveri in programma il 15 novembre, ci sprona ad ascoltare la voce diretta o indiretta di tante persone che genericamente chiamiamo “poveri”: ma ciascuno di loro ha un nome, un volto, una vita tribolata che spera però nel Signore, l’unico che può comprendere il suo cuore e ascoltare il suo grido di aiuto che sale dall’anima. Ci sono tanti poveri che sono calpestati nella loro dignità di persone, figli di Dio come noi, redenti dallo stesso sangue di Cristo e malgrado ciò sanno alzare il loro sguardo al cielo per invocare misericordia e aiuto.

Gesù ci mostra tante volte nel Vangelo che tende la sua mano al povero, e non ha paura nemmeno del lebbroso perché sa bene come il contatto umano faccia sentire il poveretto una persona come le altre, un amico da accogliere e da abbracciare come segno di amore. Egli ci insegna dunque a tendere la mano a tante persone senza dimora che usufruiscono dei nostri dormitori e ad altri che vivono e dormono per strada fatti oggetto di compassione o forse nemmeno di uno sguardo da chi passa loro accanto.

Papa Francesco ci dice che in ciascuno di loro c’è il volto e il corpo sofferente del nostro Salvatore. E aggiunge poi una provocazione quando afferma “se incontri una persona che vive e dorme sulla strada puoi avere diversi atteggiamenti: puoi considerarla un delinquente, un fannullone, un pungiglione molesto per la tua coscienza, una immondizia che sporca lo spazio pubblico, allora non sarai mai cristiano… oppure puoi riconoscere in lui una persona umana che ha la stessa tua dignità, gli rivolgi un saluto, gli dai qualcosa, gli dimostri amicizia, allora sarai cristiano e benedetto da Dio insieme con lui o lei”. In ogni persona dunque c’è l’impronta di Dio che lo ama e, anche se la sua vita la giudichiamo misera e bisognosa solo del nostro aiuto, in realtà è un concreto segno della stessa persona di Gesù che ci interpella e ci chiede amore. Allora comprendiamo quanto ci dice il Signore: tutto ciò che avrai fatto a favore di uno solo di questi tuoi fratelli e sorelle più poveri, affamati e assetati, privi di una casa, stranieri malati e carcerati l’hai fatto a me.

Purtroppo i poveri vengono considerati spesso non solo come persone indigenti che vanno aiutate, ma come portatrici di insicurezza, instabilità, disturbo, per cui si tende a tenerli distanti da sé, fuori dalle nostre chiese e dalle nostre case. Non ci si rende conto che così facendo allontaniamo sempre più il Signore stesso da noi e ogni nostra preghiera cade nel vuoto.

Perché solo se sappiamo stabilire una relazione amicale con il povero, Dio ascolterà la nostra preghiera che chiede aiuto per la salute, e per ogni altra necessità familiare. Possiamo dunque chiederci: nella nostra parrocchia e nei nostri paesi e città i poveri come sono considerati, amati, cercati e sostenuti? Se è vero che il volontariato e tante realtà religiose e civili si prestano per stare loro vicino e aiutarli nelle loro necessità, una parte della popolazione, quella che sta bene e meglio di tanti altri, li considera gente marginale o da scartare e ha verso di loro tanta indifferenza e noncuranza. Sono soprattutto i loro diritti di giustizia che vengono meno e noi sappiamo bene che la carità anche più grande, fatta di sussidi e di elemosine, non deve mai supplire dal riconoscere i loro diritti fondamentali che sono propri di ogni altro cittadino.

Come mai questa indifferenza e ingiustizia? In questo giorno dedicato alla preghiera e all’incontro con i poveri siamo chiamati a fare un serio esame di coscienza da parte di tutti, le istituzioni, il volontariato, la Chiesa e le Chiese e comunità religiose di altre fedi, il mondo economico e sociale, quello culturale e politico, per capire se siamo davvero capaci di riconoscere i loro diritti e accompagnarli per dare loro risposte appropriate ad affrontare e risolvere i loro seri problemi. A volte ho l’impressione che, più che ascoltare e più che rispondere alle loro concrete e vere necessità, siamo preoccupati di soddisfare quanto noi abbiamo deciso per loro. Il nostro impegno non può limitarsi a varie forme, pure utili, di assistenza ma richiede di donare il nostro cuore perché ciò che diciamo loro o doniamo sentano che parte dal nostro amore per ciascuno di loro riconosciuto come una persona che va dunque valorizzata e resa partecipe a tutto campo della vita ordinaria e propria di ogni cittadino.

Non dimentichiamo che la povertà non è mai cercata o voluta, ma imposta dall’egoismo degli altri, dall’essere scartati dai circuiti di cittadinanza, dalla avidità di chi vuole tenere stretto per sé quanto possiede, dalle tante ingiustizie di cui i poveri sono succubi. La prigionia della povertà può essere spezzata solo se ciascuno si sente custode di suo fratello o sorella che vivono nella miseria morale o fisica e sociale. Sono forse io custode di questi poveri che incontro nella mia giornata? Ci si può chiedere. Si confonde custode con colpevole e ci si acquieta così la coscienza. Riconoscersi custodi significa al contrario porre un argine al crescere della povertà perché ci pone nella condizione di sentirci tutti poveri nei confronti di Dio, per cui la solidarietà reciproca aiuta a cercare la vera ricchezza che sta nella persona e non nei beni che possiede o nella vita più o meno comoda e assicurata.

Ogni persona che incontriamo è un dono e un valore ben superiore ad ogni altra ricchezza, è un capitale di prim’ordine che vale più di tutto come ci dice il Signore: che vale all’uomo guadagnare le ricchezze e tutti i beni di questo mondo, se perde uno solo dei suoi fratelli? I poveri poi non lo dimentichiamo mai sono i nostri Maestri, quelli che ci evangelizzano perché vivono la stessa povertà di Cristo e ce la comunicano con il loro esempio, la loro pazienza e le loro sofferenze. Di loro dice la grande Santa Madre Teresa: io ogni giorno vado a scuola dai poveri, la mia università è la strada e i miei professori sono loro che mi insegnano a vivere il vangelo della gioia e dell’amore.

In questa domenica dei poveri vogliamo sperimentare la gioia di stare insieme con il Signore nella preghiera e dopo nella comunione fraterna con i poveri che conosciamo o incontriamo. Condividiamo così due momenti forti che ci danno fiducia e speranza e testimoniano la bellezza dello stare insieme come fratelli e sorelle della stessa famiglia