Miniere

Le miniere africane nelle nostre tasche

La Fondazione MAGIS , l’ente della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù, con il progetto “Oro senza conflitti” avviato nel settembre 2020 mira a tracciare e promuovere una filiera etica per l’oro esportato dal Congo in Italia. Esiste infatti un filo rosso tra strumenti e oggetti per noi di uso comune e quello che accade nell’est del Congo.

Il recente assassinio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, vicino a Goma, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ci riguarda da vicino. È dalle miniere sparse per il Nord-Kivu, la provincia di cui Goma è capitale, che viene estratta una parte rilevante delle materie prime essenziali a molti strumenti del nostro vissuto quotidiano. È da qui che proviene il coltan, quella miscela di columbite e tantalite presente in cellulari, telecamere, micro-chip, oltre che in diverse apparecchiature mediche. È ancora qui che si ricava l’oro utilizzato nelle fedi nuziali, nei gioielli, ma anche come conduttore in vari dispositivi elettronici. Ci sono circa 2000 siti d’estrazione nel Congo orientale, di questi, almeno un terzo è controllato da gruppi armati, ribelli o battaglioni dello stesso esercito congolese, causa di un clima di instabilità permanente, di scontri incrociati in cui è caduta vittima anche la missione guidata dal diplomatico italiano.

Sono 200mila le persone impiegate in queste miniere informali. Fra queste, numerosi sono i bambini: particolarmente apprezzati per la loro capacità di infilarsi in cunicoli stretti, lavorano senza protezioni, scavando spesso a mani nude.

Se lo smartphone è oggi alla portata di tutti, è anche perché l’estrazione delle materie prime necessarie al suo funzionamento avviene in queste condizioni di sfruttamento, senza rispetto per la dignità dei lavoratori né per i più basilari standard ambientali. Particolarmente tortuoso è il percorso dell’oro: portato illegalmente in Uganda o in Ruanda, viene esportato in Sudafrica o a Dubai, dove è raffinato e trasformato in lingotti. In questa forma raggiunge i mercati finali, l’Europa, gli Stati Uniti, la Cina e l’India.

La lunghezza della filiera rende complesso il processo di tracciabilità. Ma la buona notizia è che tale processo è oggi obbligatorio, almeno nell’Unione Europea: il 1° gennaio scorso è entrato in vigore il regolamento 821/2017, che obbliga gli importatori europei di stagno, tantalio, tungsteno, dei loro minerali, e di oro ad adempiere ai doveri di diligenza per impedire che i profitti provenienti da questo commercio vadano a finanziare conflitti. Con il progetto-ricerca “Oro senza conflitti” il MAGIS mira a fornire le basi per costruire proposte concrete ed interventi a favore di un utilizzo sostenibile dell’oro da parte di chi importa, lavora e vende. Nel contempo sarà uno strumento utile per impedire che i proventi dell’estrazione producano lo sfruttamento di tante persone, tra cui minori, e l’insorgere di conflitti violenti.

L’Espresso 28/02/2021, Stefano Liberti. L’articolo, qui liberamente rielaborato da Aime Osvaldo, è tratto dal sito “Gesuiti News”.