Oggi il negozio più grande è la ‘fabbrica delle armi’.

Intervista di Francesco con don Davide Banzato.

Non attaccarsi alle cose brutte

Il colloquio parte da un punto caro al Papa che è quello della memoria. “Una grazia”, dice: “Coltivare la memoria…  La grazia della memoria ci porta alle radici della nostra attualità. Come la mia personalità, che sta per finire la vita, da dove è cresciuta…”, aggiunge, ricordando i suoi parenti in Piemonte che ha visitato personalmente nel novembre 2022. “Ci sono luoghi significativi di memoria, persone che hanno segnato la nostra vita. È buono viaggiare”. Ma in questo viaggio nella memoria e nelle radici c’è tuttavia “un pericolo”, ammonisce Francesco: “Tutti noi abbiamo avuto nella vita: cose brutte, cose che ci hanno fatto soffrire, e c’è poi una malattia di attaccarsi ai fallimenti della vita: no, questo fa male. Le cose brutte, sì, ma, ricordiamole, ringraziamo il Signore che ci ha aiutato per uscire, ma non mettersi lì, perché questa è una malattia. È come se (fosse) un attaccamento sì, ai fallimenti, alle cose brutte”.

Un momento di desolazione umana

Di cose brutte, annota Francesco, ne stanno accadendo tante nel nostro tempo. Veniamo da una pandemia che ci ha “indebolito” e ora c’è la guerra: “Una guerra che è feroce” e che ha provocato “una crisi economica e finanziaria”. “Oggi, soprattutto in tutta Europa, la gente non saprà come pagare la luce, per esempio. Dovrà risparmiare tanto”, rileva il Papa. “È un momento brutto, è un momento -di desolazione umana. I morti o i feriti (che arrivano dalla guerra)… Tu vedi i morti torturati prima della morte, le fotografie sono terribili”.

Il sorriso dei bambini

L’angoscia del Vescovo di Roma è soprattutto per i bambini: “Si sono dimenticati di ridere… Qui sono venuti tanti bambini, tanti dell’Ucraina, non ridono… Sono amabili, sì, ma non ridono, hanno perso quello. Sono andato a trovare i bambini che erano al Bambino Gesù, ucraini, feriti, nessuno (aveva) un sorriso”. Per Francesco, “togliere il sorriso a un bambino significa… una tragedia!”. E questa tragedia sta segnando il nostro tempo: “Un tempo dove il negozio più grande è la vendita delle armi, la fabbrica delle armi. Oggi, se per un anno – mi ha detto un tecnico – non si fabbricassero armi, finirebbe la fame nel mondo. Le guerre chiedono armi. E perché una guerra? Perché di solito un impero o un governo, quando si indebolisce un po’, ha bisogno di una guerra per riprendersi… È una cosa brutta”.

Guardare orizzonti diversi

In questo scenario drammatico, il Papa esorta tuttavia a non perdere la speranza e a guardare “orizzonti” diversi. “Guardare gli orizzonti della vita, così, significa guardare alla speranza. E anche guardare che la storia non finisce con te, non è finita con mio nonno, non finirà con la quarta generazione che verrà dopo”. Questa prospettiva “dà il coraggio di camminare sempre”. Ma attenzione, avverte Francesco, a non cadere nella “psicologia dello struzzo”, cioè che “davanti a qualsiasi cosa mette la testa nella terra”. E attenzione pure a guardare solo il proprio ombelico: “La gente che soltanto guarda sé stessa fa il contrario del cercare l’orizzonte. L’orizzonte ti fa guardare tutto”. Questa, afferma il Pontefice, è “la base della virtù della speranza”. Come dicevano alcuni padri della Chiesa che prefiguravano la speranza come “un’ancora”: “Che tu sei nel mare o nel fiume e butti l’ancora per essere sicuro e ti aggrappi alla corda. La speranza, tu la butti nell’eternità, l’ancora, e vai aggrappato; ma se tu non guardi all’orizzonte, non puoi più, mai potresti buttare un’ancora, no?”. “In questo tempo è difficile”, sottolinea Papa Francesco, dunque “c’è il Signore c’è la speranza. È difficile e brutto, c’è tanta sofferenza, tanta, ma anche c’è la corda e l’ancora. È il mistero del dolore e della speranza”.

Chi ha fede e chi no

E a chi “non ha fede”, cosa dire? “Non è un peccato non avere la fede”, risponde il Papa. “La fede è un dono di Dio… C’è gente buona, buonissima, che non ha il dono della fede. Soltanto gli dirò: ‘Sìì aperto. Cerca. Non stancarti di cercare. Senza angoscia: no, no! Naturalmente aperto'”. Chi crede deve stare attento, invece, a non vivere “come ‘pagano’”. Ci sono credenti che vivono così: “Cristiani finti o, come diceva mia nonna, cristiani all’acqua di rose”, dice il Papa. “A questi dirò: “Cambia vita! Com’è la tua vita? È una vita giusta? È una vita al servizio degli altri? È una vita che spreca i soldi?”.

La ricchezza non è peccato

Da qui una riflessione sul tema della ricchezza: “Mi diceva un signore che qui a Roma ci sono ristoranti dove, se inviti due persone, alla fine saranno 1.700 euro. Ma tu vivi così, a quel livello, quando c’è gente che muore di fame? ‘Eh, Padre, non sia comunista …’. No, dai, questo è Vangelo, eh?’”. “Non sto parlando male dei ricchi, ci sono ricchi santi che sanno usare bene i propri beni per gli altri”, chiarisce Francesco. Ma anche le “condotte” definiscono il tipo di fede: “Se lo stile di vita è pagano, si capisce che non abbia fede o che abbia una fede di vernice, di vernice, sì: la tua vita è verniciata di fede ma (la fede) non ha radici, no?”.

A tal proposito, il Papa cita la fotografia scattata da uno dei “fotografi del Vaticano” in strada a Roma di una signora anziana e ben vestita che esce da un ristorante e ignora la mendicante che le chiede l’elemosina: “Se tu non ti accorgi di qualcosa e di qualcuno dietro la tua vanità, del tuo modo di vivere, sei chiuso in te stesso…” La “carne di tuo fratello” è “la stessa carne tua”, sottolinea il Pontefice: “Forse domani sarai tu in quella posizione… Non avere paura di toccare la carne ferita”.

La “sclerocardia”

Questo aiuta a vincere la “sclerocardia”, la chiusura del cuore: “Un cuore duro è molto difficile ammorbidirlo”. “Tante volte il Signore usa per questo situazioni brutte, come le malattie, così che cambia il cuore. Ma dobbiamo sempre chiedere al Signore: fa che il mio cuore non diventi duro, fa che il mio cuore sia umano, che sia vicino a ogni umanità. Oggi, domanda il Papa, “quanti piangono – non dico fisicamente, ma nel cuore – per i bambini orfani in Ucraina? Quanti soffrono per questo? Quanti soffrono per i bambini di strada che rubano perché sono soli nella vita?”. Francesco indica un quadro nel salone di Santa Marta, dipinto da un artista piemontese sulla base della foto di un siriano che fugge con il figlio. Si chiama Come loro costretti a fuggire e rappresenta la fuga in Egitto. “Noi pensiamo che la fuga in Egitto è stata ‘in carrozza con gli angeli’ che portavano avanti… La fuga in Egitto è stata così, così! Questa realtà l’ha vissuta Gesù e questa realtà la vive tanta gente”.

“Pregate per me”

Nell’intervista un cenno anche al suo pontificato che il 13 marzo compie dieci anni. Jorge Mario Bergoglio torna indietro alla sua elezione: “Povero Pietro, quale successore si è trovato!”, esclama ridendo, “mai immaginavo una cosa del genere per la mia vita”. Tuttavia c’è stata “naturalità” nel passaggio da Buenos Aires a Roma: “È un guardare agli orizzonti diversi”. Non mancano certo le inquietudini, ma non sempre sono “un male”, anzi, possono diventare occasione di “discernimento”. Francesco chiede comunque preghiere per sé: “Pregate per me perché possa essere un Papa cristiano, non pagano, che il Signore mi dia la grazia di vivere come cristiano e di aiutare la Chiesa, che è il santo popolo fedele di Dio. Non è quel prete, quel vescovo, ma il popolo di Dio”.

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano