Il Messaggio per la 35ª Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei
“Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (Ez 37,11). La situazione descritta dal profeta appare disperata. Le “ossa inaridite” richiamano l’immagine della sconfitta dopo la battaglia; la “speranza svanita” dice la sfiducia nel futuro e la paura. Su tutto domina un senso di morte e di pessimismo. Trionfano le “passioni tristi”: impotenza, delusione, inutilità, paura… Sentimenti che spesso affiorano anche nelle nostre riunioni ecclesiali: “Ormai non c’è più nulla da fare”; “Siamo sempre meno”; “Ormai le abbiamo provate tutte”; “È troppo tardi per recuperare”. Rimestiamo in questo pessimismo e viviamo da vittime impotenti. Lo stesso pessimismo, a volte unito a rabbia e rassegnazione, aleggia anche nella nostra società, spesso ripiegata sul presente, aggrappata al presente, incapace di fiducia nel futuro.
1. Un annuncio di rinascita
In questo contesto il profeta annuncia vita, parla di una rinascita. I profeti prima dell’esilio avevano più volte richiamato il popolo alla conversione per impedire che avvenisse la catastrofe, ma adesso che il peggio è già successo, Ezechiele annuncia l’impossibile o, meglio, annuncia ciò che sembra impossibile: la rinascita dalla morte. Ecco una bella missione del credente nel nostro mondo: annunciare possibilità che vanno oltre l’esistente, possibilità che emergono dall’esistente e aprono prospettive inaspettate e che sono tutte collegate esclusivamente all’azione di Dio.
2.Un futuro abitato
L’immagine di Dio che traspare dal testo è quella del Creatore, come quella del racconto della creazione dove dona l’alito che fa vivere (cfr Gen 2). Forte di questa certezza il profeta può guardare al futuro: Dio ha creato e Dio creerà di nuovo. Emerge la presenza dello spirito di Dio capace di far rinascere, di far “ripartire”, di creare vita là dove c’era solo caos e morte. Il profeta attesta una fede che va oltre l’esperienza concreta e che si radica nel momento delle origini, completamente indisponibile all’uomo, ma comunque abitato dalla presenza efficace di Dio che interviene grazie al suo Spirito.
3.L’icona di Emmaus
Ci viene alla mente l’icona di Emmaus che accompagna il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Lì il Risorto fa ardere il cuore dei discepoli carichi di “passioni tristi”. Non avevano più fiducia nel futuro, non avevano più fiducia nella vita. Si sentivano delusi e impotenti. Gesù Risorto si accosta e li “risveglia alla vita”, li aiuta a credere nuovamente nella vita. Rigenera in loro la speranza. Ci auguriamo che il Signore, attraverso il Cammino sinodale, rigeneri fiducia e coraggio nella nostra Chiesa e, soprattutto, aiuti tutti i credenti ad essere capaci di contagiare di fiducia e coraggio i nostri contemporanei.
4.Una continua conversione
Ma perché la nostra speranza non sia irenica e disincarnata, va anche ricordato che la situazione drammatica a partire dalla quale il profeta Ezechiele parla di un futuro promettente non è casuale, imputabile al fato, ma è invece la conseguenza del peccato del popolo, più volte invitato alla conversione, ma incapace di attuarla in modo sincero. La nostra speranza in un futuro migliore deve appoggiarsi su una continua conversione: nel rapporto con Dio, nel rapporto fra persone, nel rapporto tra stati, nel rapporto con la terra. Solo così possiamo sperare in un mondo in pace, riconciliato, giusto, rispettoso del creato.
5.Rinnovati da Dio
La nuova creazione cui il profeta allude nella visione del capitolo 37 è ancora più sorprendente della prima creazione perché si fonda sul perdono di Dio e non sui meriti inesistenti dell’uomo. La speranza dell’uomo poggia innanzitutto su Dio che è fedele alle sue promesse, sul Dio Creatore che ha fatto alleanza con l’uomo e con il popolo.
6.In armonia con le aspirazioni umane
In questa luce ricordiamo le parole del Concilio: “La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano quando essa difende la dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti ormai non osano più credere alla grandezza del loro destino. Il suo messaggio non toglie alcunché all’uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso” (GS 21). Siamo destinati ad un compimento. Come credenti desideriamo collaborare con tutti coloro che, seguendo le “aspirazioni più segrete”, contribuiscono a far nascere un mondo nuovo. Come credenti desideriamo offrire il nostro servizio a tutti per far sbocciare il Regno, rigenerando speranza, fiducia e coraggio.
7.Contagiamo speranza insieme
Nella Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei desideriamo confermare l’importanza del rapporto tra le nostre comunità in Italia. Soprattutto auspichiamo una rinnovata passione per la Scrittura, certi che proprio le sue pagine possono rigenerare in noi “passioni felici”, aiutarci a sostenere l’umano che è comune, contagiare speranza.
La Commissione Episcopale
per l’Ecumenismo e il Dialogo