Cei, un Natale meno scintillante non è un Natale meno autentico

Messaggio della Conferenza episcopale italiana ai fedeli: “Come Pastori, come sacerdoti, ma prima ancora come membra di uno stesso corpo – scrivono i vescovi – siamo accanto alla sofferenza e alla solitudine di ciascuno per prenderne una parte, per sollevare insieme un pezzo di croce e renderla meno pesante”

L’augurio dei vescovi italiani per questo Natale così diverso e difficile ha parole di consolazione e incoraggiamento nella certezza che “La luce del Mistero incarnato squarcia le tenebre”. E se l’attesa dell’Avvento si compie nella gioia della nascita di Cristo, quest’anno – più che mai – l’invito è a guardare alla speranza e a ricercare nel cuore “quello che conta realmente, ciò che ci rende uniti a chi amiamo, ciò che è davvero indispensabile”. Poichè “un Natale meno scintillante non è un Natale meno
autentico”

Opportunità e certezza 

Già nel recente Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, la Cei scriveva: “Ci sembra di intravedere, nonostante le immani difficoltà che ci troviamo ad affrontare, la dimostrazione che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale”. Una consapevolezza non priva di grandi preoccupazioni ma ancora una volta resa salda – per fede – dalla certezza che “L’attesa diventa inno di lode e ringraziamento.

“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza (Is 52,7)”

Nella Messa celebrata nella notte del Natale – ricordano oggi i vescovi – diventa invocazione: O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra contempliamo i suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo”.

Con Cristo, oltre la paura 

“In ginocchio davanti al Bambino, insieme con Maria e Giuseppe – prosegue il Messaggio – siamo consapevoli della nostra finitudine e vulnerabilità, percepiamo appieno la nostra debolezza di fronte alla potenza della nascita del Salvatore, che non ha esitato a farsi piccolo tra i piccoli per venire in mezzo a noi. Quel Bambino – scrivono ancora i vescovi – è la notizia che attendevamo; è lui il Messia che incoraggia i discepoli ad andare per le strade del mondo; è lui la pace che vince le guerre e le paure; è lui la salvezza che viene dall’alto e che ci rende una comunità di risorti”.

Insieme, portando la croce

Poi, l’impegno dei vescovi, il loro coinvolgimento nella vita e per la vita della comunità di uomini e donne a loro affidati, affiora nitido e certo: “Come Pastori, come sacerdoti, ma prima ancora come membra di uno stesso corpo, siamo accanto alla sofferenza e alla solitudine di ciascuno per prenderne una parte, per sollevare insieme un pezzo di croce e renderla meno pesante”. E l’invito diventa personale e comunitario:

“Aprite la porta al Signore che nasce e non abbiate timore di salire, un passo alla volta, tenendo la mano del fratello, sul monte del dolore dell’umanità per annunciare a tutti che il nostro Dio è ancora l’Emmanuele, è il Dio-con-noi”