Meditazione di Mons. Pizzaballa (26/03/2023)
V Domenica di Quaresima, anno A

“Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!”
Una chiave di lettura per entrare nel brano di Vangelo di oggi (Gv 11,1-45) è quella dell’amicizia, dell’amore.
Il termine “amare” ritorna tre volte nel brano (Gv 11,3.5.36), ma fa da sottofondo a tutto l’episodio; è riferito soprattutto all’amico Lazzaro, che Gesù ama, ma è evidente anche nei confronti delle sue sorelle. Tra Gesù, Marta e Maria, infatti, c’è uno scambio di parole e di gesti che rivelano una relazione intima, di fiducia, di attesa, di amore reciproco: l’evangelista ci tiene a precisare che Maria era quella che aveva profumato i piedi di Gesù con l’unguento e glieli aveva asciugati con i suoi capelli (Gv 11,2); e quando Lazzaro è in pericolo di vita, le sorelle mandano ad informare Gesù (Gv 11,39).
Per cui Giovanni può affermare che Gesù amava Marta, sua sorella e Lazzaro (Gv 11,5).
Ma come il tema dell’amore è sotteso a tutto il brano, così ve n’è un altro che lo percorre dall’inizio alla fine, ovvero la morte. La morte che si affaccia nella malattia di Lazzaro, la morte che infine lo prende, e che sembra avere l’ultima parola, quando Marta afferma che non c’è più speranza, perché Lazzaro è da quattro giorni nel sepolcro (Gv 11, 39)
Allora, potremmo chiederci, come stanno insieme queste due realtà? Come è possibile che ci sia la morte, dove c’è l’amore? La morte può interrompere i legami di amicizia, chi è più forte?
È una domanda quanto mai attuale.
La ritroviamo, questa domanda, lungo tutto il racconto, la ascoltiamo nelle parole delle sorelle: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (Gv 11, 21.32). La ritroviamo nel pianto di Gesù, che sente tutto il dolore e il dramma della morte dell’amico.
Potremmo dire che la fede deve affrontare, prima o poi, questo scandalo, questo dramma della morte.
Forse per questo Gesù sembra indugiare, prima di recarsi dall’amico; non fa nulla per evitargli la morte, lo lascia morire.
Lo lascia morire, ma poi non lo abbandona nella morte. Lo raggiunge lì.
Come lo raggiunge?
Il brano parla di quei “Giudei” che si erano recati da Marta e Maria per consolarle (Gv 11,19.31), secondo la pratica delle condoglianze che era un rito già diffuso e consolidato all’epoca di Gesù.
Essi visitano le sorelle per non lasciarle sole nel loro dolore; ma non possono nulla contro la morte.
La visita di Gesù è completamente diversa.
Lui va a svegliare l’amico (Gv 11,11), perché per chi crede in Lui, chi crede nella Sua amicizia fedele, la morte è come un sonno e, come ogni sonno, non è definitiva, non è per sempre.
Gesù visita Lazzaro e le sue sorelle portando in dono la sua amicizia, che è vita: come non viene meno la sua amicizia, così non può mancare la vita
In filigrana, accanto alla morte di Lazzaro, l’evangelista Giovanni allude ad un’altra morte, quella di Gesù stesso. Troviamo un’allusione all’inizio (Gv 11, 8.16), e in modo ancor più esplicito alla fine, quando propria a causa della risurrezione di Lazzaro viene deciso, da parte dei capi, di uccidere Gesù (Gv 11, 47-53).
Questa morte ha molto in comune con la morte di Lazzaro: anche il Padre, infatti, pur essendo pregato dal Figlio perché la morte fosse allontanata, non risparmia al proprio Figlio, profondamente amato, questa esperienza estrema di abbandono.
Ma come Gesù non abbandona Lazzaro nel sepolcro, così neanche il Padre abbandona il Figlio, ma lo visita con una vita che non verrà mai più meno.
Se c’è qualcosa, dunque, capace di vincere la morte, questo è proprio e solo l’amore: il legame che esiste tra Padre e Figlio è un legame così forte e così sicuro che nemmeno la morte può spezzare.
Ed è a questo stesso legame che ci è dato di partecipare, vivendo nell’amore con il Signore e tra di noi.
+Pierbattista
(dal sito Patriarcato Latino di Gerusalemme)