Imposizione del pallio a mons. Repole.

La comunità diocesana è invitata a riunirsi attorno all’arcivescovo mons. Roberto Repole

domenica 23 ottobre alle ore 15,30 nella Basilica Cattedrale di Torino

per la celebrazione dell’Eucaristia in cui il Nunzio apostolico in Italia, S.E.R. Mons. Emil Paul Tscherrig, presiederà il rito di imposizione del pallio.

IL PALLIO NEL PASSATO

Il pallio è una particolare insegna liturgica di carattere onorifico e giurisdizionale riservata al Papa e agli
Arcivescovi. Esso viene confezionato con lana bianca e simboleggia il vescovo come buon pastore ad
immagine di Cristo, Agnello crocifisso per la salvezza del mondo.


Come insegna liturgica, propria del Papa, essa sarebbe già attestata nel IV secolo con Papa Marco, il
quale, secondo la testimonianza del Liber Pontificalis, fonte storica non sempre attendibile e verificabile, la
conferì al Vescovo della sede suburbicaria di Ostia. Più affidabili sono le notizie in merito al VI secolo e a
quelli successivi. Papa Simmaco, nel 513, accordò il privilegio del pallio a San Cesario di Arles, avviando in
questo modo una consuetudine secondo la quale i Papi concedevano il pallio a Vescovi di Italia e fuori Italia.
Il pallio, pur rimanendo nel tempo un’insegna liturgica della Chiesa di Roma, si diffuse nel resto dell’orbe
cattolico soltanto come privilegio concesso dalla S. Sede.
L’origine storica del pallio rimane una questione discussa. Esso, secondo l’archeologo Jospeh Wilpert,
sarebbe derivato dal pallium filosofale, un largo mantello, utilizzato come sopravveste anche dai cristiani, che
nel corso del tempo si è trasformato in una larga sciarpa a pieghe, più volte ripiegata nella sua lunghezza (toga
contabulata). Sebbene la poenula (sopravveste antesignana della casula, veste liturgica propria per la
celebrazione dell’Eucarestia) prese il sopravvento sull’antico pallium, quest’ultimo fu conservato e indossato
sopra la stessa poenula, a forma di striscia (contabulata), riservandola ai Vescovi di Roma e a coloro che da
essi lo ricevevano. Nelle rappresentazioni più antiche il pallio si caratterizzava per una forma di sciarpa
completamente aperta e portata sopra le spalle similmente al pallio-mantello. Un lembo della striscia, segnato
con una croce, pendeva dal davanti e, risalendo sulla spalla sinistra, girava attorno al collo passando sulla
spalla destra e, scendendo davanti al petto per poi risalire sulla spalla sinistra, ricadeva dietro la schiena. Questa
modalità di indossare il pallio fu mantenuta fino al secolo IX, quando con l’uso di spille, si fece in modo che i
due capi pendessero esattamente nel mezzo del petto. Nel tempo le spille furono eliminate e sostituite con una
cucitura fissa, imprimendo così al pallio una forma circolare chiusa. I suoi due capi, pendenti sul petto e il
dorso, progressivamente ridotti in lunghezza, rappresentarono l’ultima modifica fino ad oggi. Anche
l’ornamento della croce subì ulteriori mutamenti.
NEL PRESENTE
Attualmente sul pallio degli Arcivescovi metropoliti compaiono sei
croci per lato di seta nera – una su ogni lembo e quattro sull’incurvatura. Le
parti dei due lati pendenti terminano con piccole lastre di piombo rivestite con
seta nera. In passato, per tenere fermo il pallio furono aggiunte anche tre spille
gemmate. Nel presente, avendo perso la loro originaria funzione, le spille
fungono soltanto da elemento decorativo. Il pallio del Papa, dopo una
momentanea trasformazione similare alla foggia delle origini con le croci di
colore rosso, è attualmente ritornato ad essere uguale a quello degli
Arcivescovi metropoliti.
Il pallio è finalizzato simboleggiare il particolare legame del
metropolita con il Papa e la potestà che il medesimo acquista nella propria
giurisdizione, in comunione con la Chiesa di Roma. Storicamente rimane difficile precisare il momento nel
quale questa insegna onorifica divenne anche insegna di giurisdizione. Nel sinodo di Soissons del 742, si
invitarono vivamente tutti i metropoliti a domandare il pallio alla S. Sede. Ma soltanto successivamente, nel
Sinodo di Ravenna dell’877, papa Giovanni VIII pose la concessione del pallio unitamente alla professione di
fede come condizioni sine qua non affinché il metropolita potesse esercitare la propria giurisdizione. Al
presente un metropolita è tenuto a chiedere il pallio entro tre mesi dalla sua nomina ed è autorizzato ad
indossarlo solo nel territorio della propria diocesi e nelle altre diocesi della sua provincia ecclesiastica.
La confezione dei pallii è curata delle monache di Torre de’ Specchi in Roma, le quali utilizzano la lana
di due agnelli, benedetti ogni anno in occasione della memoria liturgica di Sant’Agnese (21 gennaio). In
occasione della Vigilia della Solennità dei SS. Pietro e Paolo, i pallii vengono portati presso l’altare della
Confessione della Basilica di San Pietro, benedetti dal Papa e riposti in una cassetta d’argento conservata presso
il sepolcro di Pietro, per poi essere distribuiti nel giorno della festa ai nuovi Arcivescovi.
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A partire dal 2015 sono state modificate le modalità di conferimento della sacra insegna. Essa, infatti,
non viene più imposta direttamente dal Santo Padre ma solo ricevuta dalle Sue mani in forma privata al termine
della concelebrazione ogni 29 giugno nella Basilica di San Pietro a Roma, nella quale sono benedetti i Palli. Il
Santo Padre ha dato, infatti, mandato a tutti i Rappresentanti Pontifici di imporre il Pallio “nomine Summi
Pontificis” ai singoli Metropoliti nelle loro rispettive arcidiocesi, per favorire la partecipazione nella cerimonia
liturgica dei Vescovi suffraganei e del popolo di Dio, e così aiutare alla comprensione e valorizzazione della
insegna.
NEL DIRITTO CANONICO
La figura del Metropolita è prevista e regolata nell’ordinamento canonico ai cann. 435-437 del Codice
vigente. Il compito del Metropolita è quello di presiedere la provincia ecclesiastica, ossia quella struttura
ecclesiastica che riunisce più diocesi vicine per promuovere un’azione pastorale comune e favorire i rapporti
tra i Vescovi diocesani (cfr. can. 431 § 1). Rispetto alle diocesi suffraganee, che cioè dipendono dal
Metropolita, quest’ultimo è chiamato a «vigilare perché la fede e la disciplina ecclesiastica siano accuratamente
osservate» (can. 436 § 1,1°), o a quelle specifiche funzioni e potestà che gli siano state conferite dalla Sede
Apostolica (cfr. can. 436 § 2). Ancora meglio, il direttorio Apostolorum successores precisa che la funzione
del Metropolita si estende «all’attenzione discreta e fraterna, alle necessità di ordine umano e spirituale dei
Pastori suffraganei, dei quali può considerarsi in una certa misura fratello maggiore» (n. 23)
Di conseguenza, il pallio, che il Metropolita chiede al Romano Pontefice e da lui riceve nella solennità
dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, «significa la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il Metropolita
acquisisce di diritto nella propria provincia» (can. 437 § 1), e può essere portato esclusivamente da lui fintanto
che sia Arcivescovo di quella diocesi metropolitana, solo nelle celebrazioni liturgiche che si svolgono nelle
chiese della sua provincia ecclesiastica, e mai al di fuori di quel territorio. In tal senso, il pallio è segno
dell’autorità del Metropolita, che egli esercita nella speciale comunione con il Romano Pontefice, e della
responsabilità a lui affidata a servizio di una maggiore unità tra le diocesi di una specifica provincia
ecclesiastica. Nel caso di mons. Repole, le diocesi suffraganee sono: Acqui, Alba, Aosta, Asti, Cuneo, Fossano,
Ivrea, Mondovì, Pinerolo e Saluzzo, oltre a Susa, di cui è Vescovo.
RITO DELL’IMPOSIZIONE
L’imposizione del pallio è compiuta dal Vescovo che ne ha ricevuto il mandato dalla Sede Apostolica.
Nel caso di mons. Repole è S.E.R. mons. Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia. Il rito
dell’imposizione del pallio si compie all’inizio della celebrazione della Messa nella chiesa cattedrale con i
passaggi descritti qui di seguito.
In presbiterio si prepara un seggio adeguato al Vescovo mons. Emil Paul Tscherrig: a lui compete
presiedere la celebrazione fino all’imposizione del pallio. Il pallio, portato da un diacono durante la processione
d’ingresso, viene collocato sull’altare. Terminato il canto d’ingresso, il Nunzio Apostolico saluta il popolo nel
modo consueto e con brevi parole spiega il senso del rito che sta per compiere. Subito dopo l’Arcivescovo
mons. Repole si presenta davanti al Nunzio Apostolico e proclama la formula di giuramento:
Io Roberto Repole,
Arcivescovo di Torino,
sarò sempre fedele e obbediente
al beato Pietro apostolo,
alla Santa, Apostolica Chiesa di Roma,
al Sommo Pontefice, e ai suoi legittimi Successori.
Così mi aiuti Dio onnipotente.

Subito dopo Il Nunzio Apostolico prende dal diacono il pallio e lo pone sulle sue spalle
dell’Arcivescovo, proclamando la formula seguente:

1 Vedi Caeremoniale episcoporum, parte VII, cap. V, pagg. 270-271.
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A gloria di Dio onnipotente,
a lode della beata sempre Vergine Maria,
dei santi apostoli Pietro e Paolo,
nel nome del Romano Pontefice il Papa Francesco
e della santa Romana Chiesa,
a onore della sede di Torino a te affidata,
come segno dell’autorità di metropolita,
ti consegno il pallio,
preso dall’altare della confessione di fede del beato Pietro.
Questo pallio,
da portare entro i confini
della tua provincia ecclesiastica,
sia per te simbolo di unità
e segno di comunione con la Sede Apostolica,
vincolo di carità
e richiamo alla fortezza evangelica,
perché nel giorno della venuta e della rivelazione
del grande Dio e principe dei pastori, Gesù Cristo,
insieme con il gregge a te affidato,
tu sia rivestito della stola di gloria
e di vita immortale.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
r. Amen.
Omesso l’atto penitenziale e il Kyrie eleison, l’Arcivescovo mons. Repole assume la presidenza della
celebrazione, dando inizio all’inno «Gloria a Dio». La Messa prosegue poi come di consueto, senza segni
particolari.
Testi a cura di:
 Can. Francesco Saverio Venuto, docente di Storia della Chiesa – Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale
(sez. parallela di Torino) e Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino
 Can. Alessandro Giraudo, docente di Diritto Canonico – Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (sez.
parallela di Torino) e Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino
 Can. Paolo Tomatis, docente di Liturgia – Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (sez. parallela di Torino)

TESTO DELL’EMAIL DI INVITO A CURA DEL VICARIO GENERALE
Ai sacerdoti e ai diaconi
alle consacrate e ai consacrati
alle laiche e ai laici
alle parrocchie, comunità, associazioni e movimenti
Carissime e carissimi,
mi rivolgo a tutti voi che siete il Popolo di Dio della nostra Chiesa di Torino, a tutte le parrocchie, alle
varie comunità, associazioni e movimenti che lo compongono, per condividere un invito particolare a nome
del nostro Arcivescovo Roberto.
Nell’omelia della celebrazione dello scorso 29 giugno, papa Francesco così descriveva il compito degli
Arcivescovi: «In comunione con Pietro, essi sono chiamati ad “alzarsi in fretta”, non dormire, per essere
sentinelle vigilanti del gregge e, alzati, “combattere la buona battaglia”, mai da soli, ma con tutto il santo
Popolo fedele di Dio. E come buoni pastori devono stare davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al
popolo, ma sempre con il santo popolo fedele di Dio, perché loro sono parte del santo popolo fedele di Dio».
Un compito di guida e di servizio, un compito di comunione con il Romano Pontefice e il suo ministero
di guida per tutte le Chiese particolari, un compito che è significato dal pallio, che in quella celebrazione agli
Arcivescovi è stato consegnato come segno della «potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il
Metropolita acquisisce di diritto nella propria provincia» (can. 437 § 1).
Come Chiesa di Torino siamo invitati a riunirci attorno al nostro Arcivescovo
domenica 23 ottobre alle ore 15,30 nella Basilica Cattedrale di Torino
per la celebrazione dell’Eucaristia in cui il Nunzio apostolico in Italia, S.E.R. Mons. Emil Paul Tscherrig,
presiederà il rito di imposizione del pallio.
Sono consapevole che quest’invito giunge pochi giorni prima e si sovrappone certamente ad altri
appuntamenti che da tempo sono stati programmati nelle nostre comunità, ma sarebbe bello che almeno
qualche rappresentante delle varie realtà diocesane potesse essere presente per pregare insieme al nostro
Arcivescovo e per lui, e accompagnarlo ancora nei primi passi del suo ministero episcopale nella nostra
Arcidiocesi e nel servizio come Metropolita della provincia ecclesiastica.
In attesa di incontrarci, vi saluto a nome dell’Arcivescovo Roberto e vi auguro un buon avvio delle attività
pastorali dopo la pausa estiva.
Torino, 5 ottobre 2022
can. Alessandro Giraudo
vicario generale
N.B. – I sacerdoti e i diaconi, che volessero partecipare e concelebrare, sono pregati di portare camice e
stola bianca e di farsi trovare in Cattedrale entro le ore 15.15, così da consentire una migliore organizzazione
della celebrazione.
L’accesso alla Cattedrale sarà libero e dunque non occorre dare la conferma per la partecipazione.