Don Roberto Malgesini

“Vai e prendi loro per mano”

Autore: Kef Karaci

Editore: Cantagalli, 2022, pagg. 128

5 settembre 2020: mentre si prepara alla consueta distribuzione di un pasto caldo ai poveri, don Roberto Malgesini, noto per aver sempre espresso una straordinaria predilezione per le persone più sole ed emarginate, viene ucciso a coltellate, sotto la sua casa a Como, da uno dei senza dimora di origini tunisine che don Roberto aiutava tutti i giorni. Una persona con problemi psichici che si era messo in testa che il sacerdote l’avrebbe rispedito al suo Paese e alla povertà.

A distanza di più di due anni dalla sua morte improvvisa, causata da un gesto efferato, il ricordo di don Roberto Malgesini (1969-2020) affiora intatto, palpitante e reale, nelle pagine del libro di Zef Karaci che ha conosciuto don Roberto nel carcere di Como, ove il sacerdote lavorava al fianco del cappellano e dove tutt’oggi Zef sta scontando la sua pena. L’incontro con don Roberto, che nel tempo diventa per lui prezioso compagno di cammino, cambia per sempre la sua vita. L’amicizia disinteressata del sacerdote, la gratuità di un bene che contrasta in modo evidente il male che Zef ha conosciuto e praticato nella sua vita, cambiano per sempre il suo cuore. Non una convinzione ideale o sentimentale, ma un amore sperimentato e ricevuto che rende evidente la presenza del Verbo che si fa carne, che rigenera e riempie di significato la vita di ogni uomo. Anche i crimini più efferati e orribili vengono dissolti dall’amore.

Mi chiamo Zef Karaci, sono nato nel 1983 in Albania. A diciassette anni ho deciso di salire su un gommone e dalle coste di Valona sono arrivato nel Bel Paese, l’Italia. Ho vissuto nella bergamasca per quattro anni. Nel 2005 sono stato arrestato a Bergamo. Un anno e nove mesi dopo sono stato trasferito nel carcere di Como. Qui ho incontrato alcune persone che mi hanno aiutato ad avvicinarmi a Cristo e alla Chiesa. Tra poco finirò di scontare la mia pena. Ma questo cammino di Grazia non si fermerà, accompagnerà e guiderà per sempre i miei passi.”

Zef non può fare a meno di riversare sulla carta il passaggio esistenziale che lo ha tratto fuori dalla “selva oscura” del male che covava nel suo cuore, dalla rabbiosa delusione per il fallimento di ogni promessa: l’incontro con una volontaria di Comunione e Liberazione farà scoccare la scintilla di un desiderio mai provato, la scoperta di un bene che, con sorpresa, ha avvertito rivolto proprio a lui. “Per la prima volta, coglievo su di me uno sguardo senza alcun pregiudizio… Mi aggrappai a quello sguardo e a quel bene, nuovi per me, nuovi ma sconvolgenti. Forse era quello che stavo aspettando”.

Ma la lucida percezione della totale novità incontrata, non escluderà la fatica e il dolore causato dall’incrinarsi dell’amicizia che l’aveva introdotto nell’esperienza della fede. Proprio quel frangente sarà l’occasione per conoscere meglio don Malgesini, la sua straordinaria umanità: “Don Roberto, in quel momento di ‘crisi’, mi fece una grande compagnia, mi stette molto vicino e, in quelle poche volte che potevamo incontrarci, non smetteva di dimostrare il suo affetto nei miei confronti, la sua costanza mi faceva capire che c’era, che potevo contare su di lui…Comprendeva il mio dolore, il mio smarrimento e la mia voglia di ricominciare a vivere all’altezza del mio desiderio”.

Da questo primo approccio inizia un dialogo ininterrotto, un confronto serrato su argomenti diversi, spesso sulle domande brucianti poste dalla vita fatta di precarietà e paure, di male e limite, ma anche di approdi decisivi alla verità, alla realtà di Dio venuto ad abitare in terra. “…basta intercettare la Sua presenza nel quotidiano, nella realtà, nelle semplici cose che fai, che a volte sembrano banali, ma lì c’è Lui. Proprio come è capitato a te, caro Zef. Tu l’hai trovato qui in carcere, dove sembra impossibile incontrare Cristo, dove tutto esprime il contrario. Invece no, Lui si incarna attraverso semplici incontri, attraverso una persona come è successo a te…” è la risposta che don Malgesini suggerisce a Zef che gli aveva domandato come seguire Cristo e come riconoscere la propria vocazione.

Il libro non racconta la vita di don Roberto, ma l’esperienza degli incontri che hanno cambiato la vita dell’autore. Non è da tutti saper raccontare la vicenda di un prete distante da microfoni e telecamere, incline ad ascoltare più che a parlare, sempre pronto a intercettare il bisogno degli “invisibili” confondendosi fra loro: Zef Karaci si è lanciato nell’impresa con l’entusiasmo del proprio vissuto, forse presumendo che, in fondo, solo dalla storia di un’amicizia vera avrebbe potuto affiorare, in qualche tratto reale, don Roberto Malgesini, l’efficacia dirompente del suo agire umile, la sua umanità semplice e profondissima.

Ma, precisa Karaci “il libro non vuole essere un racconto triste. Nonostante la drammaticità dei fatti che conosciamo tutti, vorrei che si percepisse una grande speranza”, perché “se don Roberto fosse qui, non mi permetterebbe di scrivere su di lui. Era timido e non avrebbe mai voluto apparire, non mi avrebbe mai permesso di scrivere o di parlare di tristezza. Viveva per gli altri con speranza, gioia e tenerezza e voglio ricordarlo così, senza aggiungere altro”.

Il valore del lavoro, emerge con chiarezza dall’introduzione di Padre Giovanni Milani, cappellano della Casa Circondariale di via Bassone, Como, dal 2004 al 2017, che definisce don Malgesini “l’uomo della misericordia”. Per 10 anni, ricorda, “ha trascorso il suo tempo dietro le sbarre per incontrare, parlare e conoscere i detenuti e donare misericordia. Il suo sguardo attraversava le sbarre per entrare nel cuore delle persone, era il prete di tutti. Andava oltre le mura del carcere, arrivava dove le preghiere sembrano essere inascoltate. Ma dove c’è il massimo della consapevolezza dell’errore, dove abbonda il peccato, la misericordia è più visibile”. 

Aggiunge il vescovo Oscar Cantoni. «Don Roberto è stato questo con tutta la sua vita, il profumo fragrante e sottile dell’Amore di Dio per gli uomini E incontrarlo nelle pagine di questo libro sembra un’esperienza vitale: parrebbe di poterlo ancora abbracciare».

(Karaci, che oggi ha 38 anni, ne aveva 22 anni quando è entrato in carcere).

Fonti consultate: laprovinciadicomo.it, 25 luglio 2022; ilgiorno.it 14 settembre 2022; editorecantagalli

Osvaldo Aime