Sono Francesco
Autore: Edith Bruck
Editore: La nave di Teseo, 2022, pagg. 91
La prefazione è dello stesso papa Francesco, che, colpito dall’intervista che la scrittrice Francesca Romana de’ Angelis aveva fatto, in occasione della Giornata della Memoria 1921 sull’Osservatore Romano a Edith Bruck, la testimone ultra novantenne che continua a scrivere e a raccontare la sua dolorosa vicenda come deportata ad Auschwitz, aveva voluto incontrare questa donna speciale, “calma e luminosa”.
Il breve libro è il racconto caldo ed emozionante che Edith Bruck fa della visita eccezionale ma discreta del papa nella casa al centro di Roma dove lei abita, insieme a Olga, la signora ucraina che l’aiuta nella vita quotidiana. Momento di incontro di due storie, di due tradizioni, quella ebraica e quella cattolica, unite dalla parola ma divise dagli orrori del ventesimo secolo, per i quali Francesco, il rappresentante della religione che ha perseguitato gli ebrei negli ultimi due millenni, porta quasi un senso di colpa. Ha voluto andare lui a casa sua per lanciare un messaggio ampio che uscisse dalle mura della sinagoga, dove le visite papali hanno sempre avuto poco spazio sui mezzi di comunicazione? si chiederà poi Edith.
All’incontro sono presenti la nipote Deborah, figlia di sua sorella (numero 11151, ad Auschwitz, sua vice-madre fin da bambina) con il marito Lucio, Marco Risi, il nipote di Nelo Risi, amato marito di Edith, e la stessa Francesca Romana, oltre ad Olga. Il coinvolgimento emotivo e la calda empatia che papa Francesco riesce a stabilire con i presenti sono la cifra distintiva della personalità grandissima di questo padre gesuita venuto dalla fine del mondo, uomo libero e perfettamente a suo agio nell’incontro affettuoso con le persone più diverse.
“Papa Francesco si è presentato alla mia porta riempiendola di bianco e spalancando le braccia come fossi una figlia persa e ritrovata”. Presentandosi con un semplice “Sono Francesco”, con l’umiltà dei grandi, porta in dono una Menorah e un volume in italiano e ebraico del Talmud e una richiesta: “Chiedere perdono a lei e al popolo ebraico, martire, vittima della Shoah”. Non potrebbero esserci parole più chiare di queste che Francesco pronuncia in un ambiente domestico di fronte a una donna che con la sua vita costituisce un monumento alla Memoria, alla scrittura, alla testimonianza.
Sciogliendo l’imbarazzo di tutti il papa ricorda a Marco di aver visto il film “Il Sorpasso” del padre Dino anche se ora non va più al cinema. All’arrivo della torta alla ricotta, che ha preparato Olga, il papa approfitta per chiederle notizie della sua famiglia in Ucraina, a Leopoli, e la donna si commuove fino alle lacrime. Poi Francesco, con quel tono da bambino che è in lui, fa raccontare a Edith quello che lei nei suoi scritti chiama “le cinque luci” nei campi nazisti. E le chiede cosa fa adesso. Lei legge allora una sua recentissima poesia che Francesco le chiede di poter tenere e poi con minuta calligrafia rivelatrice della sua umiltà dedica alla scrittrice l’enciclica “Fratelli tutti”.
L’incontro inaspettato e potente solleva domande antiche e nuove: “Se Dio è una ricerca continua – le aveva sussurrato Francesco – allora dov’è? … La terra che aveva creato l’Alto l’abbiamo resa indegna. E’ perciò che ha distolto anche lui lo sguardo da noi?. … Posso io, ebrea, sentire un bene immediato per il massimo rappresentante di coloro che da millenni ci hanno perseguitato? … E tu, rivolgendosi al marito Nelo agnostico morto sette anni fa, mi libereresti da quel vago senso di colpa per il mio bene per un Papa che mi emoziona?”…
Seguirà un secondo incontro a Santa Marta, in Vaticano, con lo stesso intenso calore, la stessa profonda emozione (fissata dal fotografo, in chiusura del libro), con scambio di doni – una treccia di pane bianco (nella foto di apertura del libro) e una sciarpa – , una telefonata per i novantun anni di Edith e la promessa di nuovi incontri. Che “mi hanno dato tanta forza e speranza e un senso di gratitudine, di fiducia, che sarà comunicata a chi sceglierà di legger questo libro”, scrive Papa Francesco nella prefazione.
Nella postfazione la Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni parla di un libro che si legge tutto d’un fiato, che ci rende partecipi di un dilemma e di un tormento che accompagna un’esistenza travagliata e carica del senso del dovere della memoria.” Pone domande complesse e dolorose sull’antisemitismo antico e moderno, sempre più attuali in questo tempo sospeso tra passato e futuro della nuova Italia che si sta avviando.
Osvaldo Aime