Via dalla pazza guerra

Un ragazzo in fuga dall’Afghanistan

Autore: Alidad Shiri

Editore : Harper Collins, pagg. 288, anno 2022.

Alidad ha raccontato la sua storia per la prima volta nel 2007, ma gli eventi dell’agosto 2021 – l’uscita precipitosa della coalizione occidentale dal suo Paese, l’Afghanistan, e la successiva occupazione dei Talebani – lo hanno spinto a riproporre la sua esperienza, con l’obiettivo di raccontare le sofferenze e le difficoltà che affrontano tutti coloro che sono costretti a migrare.

L’intento è dunque quello di sensibilizzare i lettori italiani su quanto accade in Afghanistan e nei paesi da dove partono i migranti alla ricerca di una vita migliore, ponendo al contempo l’attenzione sull’importanza dell’accoglienza e della protezione dei più deboli e degli invisibili, così come sottolineato anche in apertura del libro da due alti funzionari per i Rifugiati e per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Problema sempre di attualità, ormai da decenni, non affrontato alla sua radice. Tanto più in questi ultimissimi tempi.

Da 21 anni ormai Alidad è in esilio, strappato brutalmente all’infanzia, costretto a diventare velocemente adulto nell’affrontare da solo situazioni impossibili. A lui è andata bene, ma il suo pensiero va sempre a quanti invece si perdono per strada e sono brutalmente respinti dai Paesi di transito o d’arrivo, una ferita che non si rimargina. Lo si percepisce chiaramente dalle pagine del suo racconto, che però mai cede alla recriminazione per ciò che ha subito, e mai si colora dell’odio per le persone che hanno reso a tratti impossibile la sua vita e quella dei suoi affetti più cari Questo tono lucido, disteso, oggettivo con cui dipana la sua storia, mai incline a un facile giudizio di condanna, non oscura certo le responsabilità di chi sta dalla parte dei profittatori e sfrutta senza scrupoli le situazioni di debolezza in cui si trova il migrante. Così cresce, invece, l’empatia del lettore verso le traversie vissute dall’autore e da chi con lui e come lui ha condiviso il suo travagliato cammino. Che parte dai ricordi di un’infanzia felice a Ghazni (non molto lontano dalla capitale Kabul), tra le montagne dell’Afghanistan, dei primi anni di scuola elementare sotto un albero o sotto un tendone (per soli maschi, perché le bambine potevano frequentare solo la scuola coranica nella moschea), dei giochi fatti di niente (colpire con un sasso un bersaglio distante, maneggiare aquiloni…), delle feste, dei momenti di gioia presto soffocati dall’arrivo al potere dei Talebani, che portano tanti lutti, anche nella famiglia di Alidad: la morte del babbo, inviso agli estremisti, della mamma, della nonna e della sorellina di sei anni… Dopodiché Alidad è accolto col fratello e l’altra sorella, dalla zia paterna Amma Hava, “nuova mamma” che, visto il peggiorare della situazione, lo porterà presto in Pakistan e lo aiuterà a tentare la via per l’Europa (che lui conosceva solo per la pizza e il calcio). Un cammino pieno di insidie che durerà anni, tra agguati di banditi, violenze di trafficanti ai quali era necessario affidarsi, lavoro nascosto a Teheran per accantonare risparmi per poter continuare il viaggio, l’attraversamento della frontiera con la Turchia, tra rapine e violenze di “guide” e di poliziotti, ma anche di aiuti inaspettati per lui e i compagni di fuga, non di rado a un passo dal morire di fame e stenti. Poi, da solo, in un percorso sempre accidentato, ad Ankara, poi in Grecia, fin quando un mattino piovoso di agosto del 2005 arriva, dopo ore da brivido, a un millimetro dalla morte, a Bressanone.

Tutta la storia è condensata in sette agili capitoli – scanditi in brevi sottocapitoli – illustratiti da carte geografiche semplificate, che raccontano il percorso seguito di Paese in Paese, in fuga dalla pazza guerra che affligge l’Afghanistan dal 1979, anno dell’invasione russa del Paese. Perché è solo in un clima di pace e di libertà che ogni uomo può mettere a nudo la sua anima e ritrovare il proprio posto nel mondo.

Ora Alidad ha trentun anni, una laurea in filosofia e lavora come giornalista per il quotidiano “Alto Adige”. Vive in Alto Adige, dove ha trovato una famiglia che gli ha spalancato le braccia e, soprattutto, una comunità solidale. E con questo libro (scritto con l’aiuto della sua insegnante di Italiano Gina Abbate), testimonia al mondo il grande potere dell’accoglienza”. Perché Alidad è riuscito a farcela anche grazie alle tante persone incontrate che lo hanno aiutato lungo il percorso e all’arrivo, in Italia.

Nel maggio di quest’anno Alidad si è laureato all’Università di Trento in Filosofia politica discutendo la tesi “L’Afghanistan e la tragedia della politica”.

Fonte utilizzata: Editore Harper Collins

Osvaldo Aime