La Chiesa che faremo
Autore : Paolo Curtaz
Editore: San Paolo editore, 2022, pagg. 236
Leggendo gli Atti degli Apostoli
Cristo sì, Chiesa no. Spesso ce lo sentiamo ripetere. Anzi, in questo momento storico, in Occidente, in Italia, spesso ci sentiamo dire: Cristo ni, Chiesa assolutamente no. Ma chi è la Chiesa, cos’è la Chiesa? Chi vi appartiene e perché? Il modello di Chiesa disegnato nel Concilio di Trento è ancora il substrato vivo sul quale cammina la Chiesa di oggi, certo indirizzata su strade feconde dall’ultimo Concilio che l’ha riformata ma non rifondata. Le ultime indagini sociologiche rilevano una disaffezione crescente della popolazione italiana all’Istituzione. Non si viene più in Chiesa perché non vi si trova più il senso della vita.
“Spesso – dice P. Curtaz – finiamo col giudicare la Chiesa, noi Chiesa, e quanto accade, con una mentalità eccessivamente mondana. Cioè usando esclusivamente categorie sociologiche, psicologiche, economiche, storiche. (…) Ma per un credente, per uno di quelli che la Parola l’ha ricevuta, nonostante tutto, nonostante le incoerenze, nonostante gli errori, la lettura degli eventi va sempre accompagnata dalla convinzione che, sì, davvero Gesù si è occupato di quel gruppo di sbandati affidando loro il messaggio più prezioso della Storia”. E, sulla loro scia, a noi, con tutte le nostre fragilità, non minori a quelle degli amici che Gesù si era scelto.
Se fino ad alcuni decenni fa abbiamo vissuto di rendita – seminari pieni, religiosi e parroci numerosi, oratori frequentati…- adesso sta ai fedeli frequentanti piantare nuovi semi di Chiesa, anche se non li vedranno germogliare, crescere in breve. Ma da dove ripartire? Dalla rilettura e meditazione degli Atti degli Apostoli, suggerisce Paolo Curtaz. Paradossalmente, proprio uno dei libri meno letti del Nuovo Testamento, quello che narra le origini della comunità cristiana. Scritto da Luca come necessaria continuazione del suo racconto evangelico, questo testo è fondamentale non solo per la comprensione della nascita del cristianesimo e della sua prima diffusione nel mondo non ebraico, ma anche come cartina di tornasole per una verifica delle comunità credenti di oggi, della Chiesa per ciò che è diventata e per ciò che è chiamata a diventare. Per chiederci, se tutti noi continuiamo a costruirla non sulla base delle nostre certezze o paure ma secondo lo Spirito di Dio. Quello Spirito che animava la giovane Chiesa di Pietro, Giacomo e Paolo, che affondava le sue radici nella Parola del vangelo che “è lo stesso ieri, oggi e sempre, certo. Ma il modo di viverlo e di annunciarlo no. Perché Dio fa nuove tutte le cose (Ap 21,5)».
Guardiamo allora a quelle prime comunità cristiane che hanno dovuto affrontare problemi molto più grossi dei nostri: in quello che viene indicato come il Concilio di Gerusalemme (dove si dibattè se l’annuncio del Regno era da riservarsi ai soli giudei o da estendere anche ai pagani), la Chiesa nascente aveva rischiato di naufragare. Ma, puntualizza Luca, i credenti “erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere.” Quattro gambe su cui poggiava la chiesa nascente e sulle quali dovrà poggiare la Chiesa che ‘faremo’:l’ascolto della Parola, la comunione tra fratelli, la preghiera, la diaconia, ossia riconoscere il volto dei poveri e camminare con loro.
Luce sul cammino è, sempre, la consegna di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi (con la sovrabbondanza di amore con cui vi ho amati)”. Sappiamoci dunque amati, anche se non ce lo meritiamo, lasciamoci amare e amiamo. Intorno a noi, col tempo del seme che in silenzio ma con tensione continua rompe la zolla e germoglia alla libertà, potrà fiorire una comunità rinnovata, autentica, essenziale, viva.
Lo scalpellino medievale che disegnava la pietra che avrebbe abbellito le cattedrali sapeva che non avrebbe mai visto l’opera finita, ama dire Curtaz. Ed è ciò che siamo chiamati a fare noi adesso. Possiamo maledire l’oscurità nella quale talvolta brancoliamo o accendere un fiammifero…
La Chiesa che faremo (dove il “noi” è centrale) a cui guarda il cammino sinodale avviato da Papa Francesco in tutte le Chiese, ha già un piano di ri-costruzione chiaro nelle pagine degli Atti, da rileggere e meditare, in gruppo e da soli (sovvengono allo scopo, al termine dei capitoli, spunti di riflessione, domande dirette al lettore) ma sempre con lo sguardo fisso all’annuncio di Gesù del Regno che viene, pronti ad attualizzarlo, quell’annuncio, ripensando anche a certe decisioni prese dalla Chiesa nel passato che potrebbero oggi essere un ostacolo per l’annuncio della Parola.
Di fronte a questi sguardi alti e tesi ad orizzonti di rigenerazione più vicini alla consegna del Vangelo, a volte ci incontriamo con “parrocchie immerse in realtà stantie, impermeabili al cambiamento, perse in piccole dispute, sfiorate da ombre inquietanti di cristiani o religiosi opportunisti e ambigui…Ma vi sono volti di Chiesa mille e mille volte più luminosi,… suorine acciaccate che passano le giornate dietro pentole fumanti, preti in età di pensione capaci di donarsi fino allo sfinimento,… imprenditori che cercano di declinare la visione cristiana nei propri ambienti di lavoro…Amore, tanto, tantissimo…”
Così l’autore, commentando il libro, in un intervento su PagineAperTe, dicembre 2022, in “Finestre di speranza”.
E nelle pagine finali del libro troviamo alcune considerazioni che possono darci fiducia nell’opera di rigenerazione della Chiesa: “La chiesa è fatta ‘esattamente’ da coloro che davanti alla difficoltà, sotto la croce, se ne sono andati. La Chiesa è composta ‘esattamente’ da coloro che , nel momento dell’ascensione, ancora credono che Gesù stia per iniziare un regno sulla terra (At 1,6)…Perciò il Signore dona lo Spirito Santo: è lui a condurre la Chiesa, è lui a indirizzare, scuotere, spiazzare…a orientare il cammino di ciascuno di noi e delle nostre (talora scalcagnate e claudicanti) comunità”.