Come in cielo così sia in terra

Il carcere tra giustizia, perdono e misericordia

Autore: Vittorio Trani

Editore: Edizioni Paoline, pagg. 224; ottobre 2022

Padre Vittorio Trani, sacerdote francescano conventuale, è cappellano penitenziario dal 1972 e, dal 1978, svolge questa funzione nella Casa Circondariale Regina Coeli, nel cuore di Roma. Un carcere di prima accoglienza della città, in forte rapporto con la realtà locale. Vi entrano detenuti che nella maggioranza dei casi sono già stati sconfitti nella vita, persone provenienti da una sessantina di Paesi.

Padre Vittorio è un vero e proprio testimone vivente delle trasformazioni avvenute (e di quelle mancate!) nel mondo del carcere, che purtroppo per tanti resta un luogo ancora misterioso. Lo scopo del libro – conversazione appassionata e appassionante fra un cappellano e i due giornalisti Stefano Natoli e Agnese Pellegrini che svolgono da anni attività di volontariato nel sistema penitenziario – è far luce sull’aspetto umano dell’esperienza detentiva e sulla necessità, che impegna tutti, nessuno escluso, di approcciarsi ai temi della pena e dell’esecuzione penale nel solco tracciato dalla nostra Carta Costituzionale. Una sorta di diario del carcere e sul carcere scritto attraverso l’incontro quotidiano con le persone recluse e con le loro storie intrise di sofferente umanità. Per chi ha fede è l’incontro con il Cristo sofferente, con il proprio fratello. C’è chi è innocente, chi ha vissuto sempre ai margini, c’è chi ha scelto una vita da malavita. Quel che può appannare i nostri occhi quando guardiamo al carcere è il vedere l’errore come cosa solo da punire, identificare l’errore con il suo autore, non guardare all’uomo con quella attenzione che la nostra Costituzione ha dato come prospettiva irrinunciabile: la pena non è fine a sé stessa, ma ha come obiettivo la riabilitazione delle persone (art. 27 co. 3 della nostra Carta costituzionale). E alcune persone talvolta riescono a cambiare vita e a diventare cittadini migliori, ma molti, molti sono i recidivi, e troppi e inammissibili i fallimenti totali: 84 suicidi in cella nel 2022. Moltissimo e urgente il lavoro ancora da fare, dunque. Attraverso storie diverse, attraverso i ricordi di fatti apparentemente insignificanti e di eventi epocali, padre Vittorio s’interroga e interroga il lettore sulle tante questioni che il mondo “carcere” richiama: il senso della pena, la funzione della pastorale carceraria, l’importanza delle misure alternative, la fede e la religione tra le sbarre, il valore del volontariato, i diritti dei carcerati, la cura verso chi esce dal carcere, punto debole dei mancati reinserimenti.

Ci fa comprendere che il muro di separazione che ci divide non è poi così alto. Non solo perché, almeno nella visione cristiana, siamo tutti figli di Dio, da Lui amati nonostante i nostri errori – nessun uomo è tutto nel gesto che compie, nessun uomo rimane uguale nello scorrere del tempo -, ma anche perché il carcere è lo specchio della nostra società, che lo vogliamo o no. Finire tra le sbarre può esser giocato dal caso: quando e dove siamo nati e vissuti, l’educazione, la famiglia, gli incontri… Come gridano a noi, un esempio tra mille, le pesanti parole del giovanissimo Salvatore al giudice Elvio Fassone che lo ha appena condannato all’ergastolo: “Signor giudice, se suo figlio fosse nato dove sono vissuto io, ora lui sarebbe in cella e io al suo posto.” (Dal loro inedito e intenso rapporto epistolare è nato il libro Fine pena: ora, Sellerio editore). Lo stesso Papa Francesco in visita al carcere sorprese tutti dicendo: “Anche io avrei potuto percorrere strade diverse che mi avrebbero potuto portare qui”. (dal loro rapporto è nato il libro Fine pena: ora, Sellerio editore). Come essere portatori di speranza tra quelle mura che sembrano volerla annullare, quella speranza capace di contrastare la “globalizzazione dell’indifferenza” e promuovere la cultura della vicinanza? Come far sì che giustizia, perdono e misericordia che sono in cielo riverberino anche su questi fratelli e sorelle che la società ha allontanato, punito, dimenticato? Interrogativi che ci impegnano, tutti, nella ricerca e costruzione di una risposta credibile.

A conclusione del testo sono presenti un “Alfabeto di Padre Vittorio”, parole fondamentali per comprendere questo mondo così distante, seppur vicinissimo a noi; i discorsi dei Papi (Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Francesco) in visita a “Regina Coeli”; una poesia di don Primo Mazzolari; due brevi testi sull’inquadramento di legge del cappellano penitenziario e il volontariato penitenziario, molto cresciuto negli ultimi anni. La prefazione è di Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità. Postfazione di Antonio Rizzolo, già direttore di Famiglia Cristiana.

Fonte attinta: Edizioni paoline

Osvaldo Aime