L’orizzonte di notte non esiste

Autore : Nello Scavo

Editore: Edizioni Manni, anno 2023, pagg. 39

Che cos’è un confine se non la tendenza esclusivamente umana a distinguere ciò che ci appartiene da ciò che appartiene a qualcun altro? Distinzione applicabile non solo ai confini territoriali ma anche a quelli mentali.

Qualche anno fa lo scrittore tedesco Peter Schneider affermava che, nonostante la caduta del muro, la gente di Berlino continuava ad avere “il muro in testa”. La barriera reale fatta di pietra cemento era stata abbattuta, ma la linea di separazione tra “noi” e “loro”, tra Est e Ovest, restava ancora lì, presente e viva, nella mente dei berlinesi. Ovviamente gli abitanti della capitale tedesca non erano e non sono i soli ad avere un muro in testa. Tutti inevitabilmente ne abbiamo uno, inconsistente, immateriale ma estremamente solido: è quell’insieme di idee, stereotipi, pre-giudizi, classificazioni, attraverso il quale tracciamo confini, barriere, decidiamo chi è il diverso, lo straniero, l’altro, distinguiamo ciò che ci appartiene da ciò che appartiene a qualcun altro. A ciò che ci appartiene diamo un’importanza rilevante. A ciò che è diverso, lontano da noi, riserviamo disinteresse, ostilità, indifferenza. Eppure nulla è più illusorio di un confine “certo”, non si può fermare il corso della storia che porta milioni di persone a fuggire da situazioni invivibili (causate anche da quegli stessi paesi verso cui ora puntano migliaia e migliaia di profughi), per inseguire il sogno di una vita vivibile, dignitosa, umana. Ma sul concetto di confine come barriera invalicabile, come vorrebbero essere quelle erette in acciai, mattoni e ferro in questi ultimi anni in tanti paesi, brillano ironiche le parole della poetessa polacca Wislawa Szynborska, premio Nobel letteratura 1996:

SALMO

Oh, come sono permeabili le frontiere umane! /quante nuvole vi scorrono sopra impunemente, /quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro, / quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui / con provocanti saltelli! Devo menzionare qui uno a uno gli uccelli che trasvolano / che si posano sulla sbarra abbassata? / Foss’anche un passero la sua coda è già all’estero, / benché il becco sia ancora in patria. E per giunta, quanto si agita!/ Tra gli innumerevoli insetti mi limiterò alla formica, / che tra la scarpa sinistra e la destra del doganiere / non si sente tenuta a rispondere alle domande “Da dove?” e “Dove?” […]

Come nel Salmo, Nello Scavo in L’orizzonte di notte non esiste mette in discussione il concetto di “confine” tra stati, là dove le frontiere vorrebbero essere muri invalicabili per chi cerca di superarli nel tentativo di salvare la propria vita. I confini possono essere una semplice formalità, o il bastione di una fortezza difeso con inflessibile crudeltà da forze militari impermeabili al sentimento della pietà, ma sfumano, spariscono nel buio della notte, quando viaggiano i sogni e cominciano gli incubi, in un campo di prigionia, su una zattera, con le braccia lacerate dal filo spinato, oppure nello sguardo perso di un bambino nel deserto.

L’autore stesso ha provato sulla sua pelle il senso di abbandono e paura quando, in un viaggio dalla Somalia all’Etiopia per testimoniare ingiustizie e violenze nel continente africano, è stato abbandonato dalla sua guida Hassan, che riteneva troppo pericoloso accompagnare oltre il confine un giornalista bianco, un “walking dollar”, banconota che cammina, pollo da spennare, o da sequestrare e restituire alla libertà solo dopo un riscatto. Gli episodi narrati da Nello Scavo con coinvolgimento commosso ed empatico sono diversi e sempre ugualmente toccanti, sia che raccontino del piccolo ivoriano Simba (uno dei tantissimi “invasori con il pannolino” da cui ci difendiamo), che da un barcone “latrina di escrementi, carburante e vomito” viene gettato di notte tra le braccia di un operatore su una scialuppa della Guarda costiera italiana, sia che descrivano la brutalità a cui vengono sottoposti i bambini siriani, libanesi, turchi, giordani, o i minori letteralmente scagliati al di là del muro tra Messico e Texas. Persino le strutture di soccorso finanziate dall’Unione Europea come Moria, in Grecia, possono trasformarsi in un inferno. Concepita per 3.000 migranti e profughi, ne ospitano 20.000, costretti in una bolgia infernale. È così che la Storia ci rivolgerà una domanda antica: Caino, dov’è tuo fratello?” Domanda che si alza insistente ad ogni pagina del libro, che si legge in un fiato, ma col groppo in gola, stretti tra l’angoscia dell’impotenza e inadeguatezza di fronte all’enormità dei numeri e l’impellente domanda di accoglienza dello straniero. Qualche risposta Nello Scavo l’ha annotata: in alcuni buoni samaritani, come don Mattia Ferrari, sacerdote modenese cappellano della ong Mediterranea Saving Humans, impegnata nel salvataggio dei migranti in mare, finito sotto tutela delle forze dell’ordine per aver denunciato la presenza della mafia libica nel traffico di migranti, o come la macedone Lence Zdravkin, che soccorre i rifugiati sulla rotta balcanica… Così come tanti altri che, magari vicinissimi a noi, da anni aprono le loro case ai migranti, apparecchiano per loro una mensa, offrono assistenza medica gratuita, si battono per aprire corridoi umanitari, o ad altre latitudini li salvano dai pericoli del mare… Segnali di una umanità diffusa, ma non sufficienti, perché quanto racconta Nello Scavo chiama in causa insieme alle nostre scelte personali le nostre istituzioni, i nostri governi, le decisioni politiche ai vari livelli locali e nazionali e europei…

L’orizzonte di notte non esiste, rappresentato a Bologna nel luglio del 2021 con voce recitante di Ottavia Piccolo su accompagnamento musicale, lo si può ascoltare inquadrando col proprio smartphone il QR Code nell’ultima pagina del libro, che di quello stesso spettacolo riporta anche in foto alcuni momenti.

Nello Scavo(Catania, 1972), inviato speciale del quotidiano “Avvenire”, è autore di inchieste importanti e coraggiose. Reporter internazionale, cronista giudiziario, corrispondente di guerra, collabora anche con diverse testate estere. Si è occupato dei conflitti in Africa e in Medioriente, di immigrazione clandestina, di politica vaticana, dell’invasione russa in Ucraina. Nel gennaio 2019 è stato il primo giornalista a salire a bordo della nave Sea Watch 3, che per settimane è stata bloccata in mare dopo avere soccorso 49 migranti a cui non era stato permesso di sbarcare.