7 Minuti per lo Spirito
Setteminuti per lo spirito è una serie di agili libretti pensati per coniugare il nostro bisogno di spiritualità con i tempi della vita moderna. Vuole offrire uno spazio di dimensioni minime in cui è possibile rifugiarsi ogniqualvolta si senta la necessità di sospendere il “fare” a favore del “meditare”. I libretti della serie sono infatti di trentadue pagine, che si possono leggere in meno di dieci minuti. La serie raccoglie alcune delle più significative riflessioni scritte da importanti teologi, biblisti, religiosi, intellettuali. Non si tratta, dunque, di libri devozionali o di preghiera, né tantomeno di manuali di esegesi. Piuttosto, rappresentano la testimonianza di differenti esperienze di Dio viste con il filtro della sensibilità propria di ciascun autore: Gianfranco Ravasi, Enzo Bianchi, Tonino Bello, Luigi Maria Epicoco, Angelo Comastri, Simone Weil, Etty Hillesum, Anna Maria Cànopi, Carlo Maria Martini e Dietrich Bonhoeffer, Mariapia Veladiano…. Ogni libretto presenta i testi di un solo autore o di una sola autrice, sicché i volumetti possono considerarsi autonomi” (Giuseppe Musardo in Pagine AperTe 5 giugno 2021).
La stupidità
Dietrich Bonhoeffer
San Paolo, 2021, nella collana ‘setteminuti per lo spirito‘, pagg 32
Il breve testo qui presentato è tratto dalla raccolta di lettere e altri scritti dal carcere di Dietrich Bonhoeffer “Resistenza e resa”, San Paolo 2015. Bonhoeffer è stato teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al nazismo, che ha pagato questa sua scelta con il carcere e l’impiccagione. Bonhoeffer scrive agli amici in occasione del Natale 1942, riflettendo su l’esperienza degli ultimi dieci anni (dal 1933, da quando la Germania è nelle mani di A. Hitler e dei nazisti) di una generazione posta davanti a una grande svolta della storia, sul fallimento delle persone “ragionevoli” che di fronte al male misconoscono ingenuamente la realtà, o si richiamano al “dovere” sfuggendo al rischio dell’azione personale e responsabile, o si rifugiano nella virtù privata.
Bonhoeffer colloca la lamentata e drammatica assenza di coraggio politico nel popolo tedesco (non riconducibile alla codardia delle singole persone) in una prospettiva storica: “I tedeschi hanno cercato, nel corso della storia, di liberarsi della propria volontà particolare nel servizio al tutto” …, ma senza tener conto “della necessità di agire liberamente e responsabilmente, sempre”. Cosa che vale per l’appunto “sempre” nella storia, sia per i vincitori sia per i vinti. Quando però si è di fronte alla stupidità, le armi della ragione appaiono spuntate, anzi “per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità, …lo stupido è capace di qualsiasi malvagità. Essendo contemporaneamente incapace di riconoscerla come tale”. Come reagire alla stupidità? Qual è la responsabilità di chi detiene il potere nei suoi confronti? E’ possibile, secondo la Bibbia, una vittoria sulla stupidità? Ci si può ripiegare sul disprezzo degli uomini? Dio può far nascere il bene anche da cose malvagie?… Domande alle quali Bonhoeffer tenta risposte, lasciate germogliare come piccolo seme in questo libricino nel suo decimo e ultimo capitolo, “Fiducia”, “uno dei doni più grandi, più rari e più gioiosi della convivenza umana”. Chiuso il brevissimo testo tra le nostre mani, si riemerge da setteminuti * di proficuo ascolto e meditazione, da attualizzare nel nostro quotidiano, insieme all’invito, chiosato in quarta di copertina, a “valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno”.
Sabbia
Mariapia Veladiano
San Paolo 2021, collana ‘setteminuti per lo spirito‘, pagg. 32
Mariapia Veladiano ci porta in una terra di confine, là dove il Po consegna le sue acque al mare, in un delicato equilibrio sfidato negli anni del boom economico dalla continua estrazione di sabbia dal suo letto, giorno e notte. Dalle pressanti richieste dell’edilizia. Qui, in una scuola media, è al suo primo anno di prova un insegnante che è anche il narratore della nostra storia: ha una prima di quindici ragazze e una terza di trenta, maschi e femmine. E’ affiancato da una tutor, una docente della scuola, silenziosa e dura. “Capita a tutti gli insegnanti, dirà M. Veladiano in un colloquio con Donatella Ferrario in calce al racconto, di trovarsi di fronte uno studente che non si riesce ad agganciare fino in fondo”.
Ed è così anche in questa terza media, dove il novello professore insegna Italiano e Storia. Il ragazzo in difficoltà è quasi analfabeta, minuto, serio…Solo a fine scuola, a fine esami di terza media, il professore arriverà a penetrare un poco l’aura di mistero che lo avvolge. Per la prova scritta, un tema, l’insegnante assegna un titolo che ritiene facile, ma Alvise, così si chiama il ragazzo difficile, consegnerà il foglio in bianco… E come avrebbe potuto Alvise, un ragazzino di quattordici anni, raccontare le proprie personali “Considerazioni sulla novella Rosso Malpelo di Giovanni Verga” (questo il titolo del tema d’esame), col tragico vissuto con il quale conviveva, che con la Sabbia aveva a che fare? Da quel che sarà un angoscioso finale d’esame, l’insegnante, su raccomandazione della tutor, trarrà le sue conclusioni.
Nell’intervista (a cura della giornalista Donatella Ferrario) riportata nelle ultimissime pagine del libro, Mariapia Veladiano, che la scuola l’ha vissuta dall’interno come docente prima e preside poi, accenna alla sua storia di ragazzina, nella campagna veneta, in un ambiente non lontano da quello raccontato in “Sabbia”. Ricorda quanto per lei abbia contato l’amore per la lettura (sull’esempio della madre) e poi la passione per la scrittura, chiave d’ingresso in mondi diversi e in qualsiasi aspetto dell’umanità nostra e altrui…
E oggi, quanto potrebbe giovare l’amore per la lettura per attrezzare i giovani a far fronte alle difficoltà della vita? E fornire strumenti ai genitori che riversano sulla scuola le loro incertezze, le loro paure nei riguardi dei figli?
(Il racconto Sabbia e l’intervista sono stati pubblicati nei numeri 20 e 30 (2021) del Settimanale CREDERE)
Sia in Sabbia sia ne La stupidità, quel che si coglie in comune è la passione con al quale si affronta la vita, la voglia tenace di capirne gli aspetti più oscuri, l’impegno che si profonde per affrontarli con la competenza necessaria, il riconoscimento dei propri limiti, il rispetto della personalità altrui, fosca o indecifrabile che sia.
Osvaldo Aime